Click here to read this statement in English
I partner del Media Freedom Rapid Response (MFRR) esprimono seria preoccupazione per la richiesta danni di 10 milioni di euro avanzata al settimanale italiano L’Espresso da parte di un ex cardinale che si ritiene danneggiato da un’inchiesta sul suo presunto coinvolgimento in uno scandalo relativo al business della sanità vaticana.
Il consorzio MFRR ritiene che questo caso metta bene in luce le lacune nel sistema giuridico italiano in termini di diffamazione e tutela della reputazione: mancando misure che salvaguardino dagli abusi, le norme possono essere facilmente strumentalizzate e prestarsi a diventare mezzi di ritorsione contro legittime inchieste giornalistiche.
Nella causa civile intentata lo scorso novembre, l’ex porporato Angelo Becciu chiedeva 10 milioni di danni accusando il settimanale di avergli distrutto la reputazione e di aver influenzato Papa Francesco nella decisione di licenziarlo, togliendogli quindi la possibilità di diventare egli stesso Pontefice in futuro.
La citazione in giudizio si riferisce a un’inchiesta pubblicata da L’Espresso il 24 settembre 2020 che anticipava i contenuti di un’indagine della Guardia di Finanza secondo cui il cardinale avrebbe dirottato 100mila euro dalle casse vaticane a beneficio di una cooperativa controllata dal fratello nella diocesi di Ozieri in Sardegna. In quel momento, Becciu era solo secondo nella gerarchia vaticana della segreteria di stato.
Quello stesso giorno, in udienza privata, il Papa avrebbe rinfacciato a Becciu quelle stesse accuse, costringendolo a dimettersi da prefetto della congregazione delle cause dei santi. Due mesi dopo, il 18 novembre, Becciu deposita in Sardegna un atto di citazione di 74 pagine ai danni de L’Espresso, definendo l’articolo “denigratorio e diffamatorio”.
Il direttore de L’Espresso Marco Damilano ha respinto con fermezza le accuse di Becciu, difendendo la rilevanza di pubblico interesse delle notizie e la fondatezza dell’inchiesta, e ha definito uno “stupefacente attacco” la citazione del cardinale. La Federazione Nazionale della Stampa Italiana (FNSI) si è schierata al fianco dei colleghi e ha definito la causa “una tipica querela bavaglio” intentata al solo scopo di intimidire i giornalisti de L’Espresso.
I partner del consorzio MFRR credono che questo atto di citazione rappresenti un chiaro abuso della legislazione italiana in tema di difesa della reputazione e che potrebbe avere un effetto intimidatorio a catena su altri giornalisti interessati a indagare sugli intrecci di affari e corruzione in ambienti vaticani.
Mentre Becciu ovviamente è libero di ricorrere alla legge per difendere la propria reputazione, la richiesta danni di 10 milioni di euro è una richiesta sproporzionata e assurda, che manderebbe sul lastrico il settimanale trascinandolo in tribunale per anni. Noi chiediamo che Becciu ritiri immediatamente la sua richiesta.
La mancanza di un tetto ai risarcimenti in campo civile fa sì che richieste esorbitanti come quella di Becciu restano un’opzione perfettamente legale cui può ricorrere chi intende mettere a tacere i giornalisti scomodi. Ogni anno, L’Espresso e altre testate sono bombardati di cause civili da parte di politici e imprenditori con richieste di risarcimento milionarie.
In campo civilistico inoltre non è previsto lo scrutinio da parte di un giudice per le indagini preliminari, per cui queste cause vessatorie difficilmente possono essere archiviate o risolte in una fase iniziale. Di conseguenza, si arriva spesso a processi estremamente lunghi, costosi e pesanti anche sotto il profilo psicologico, cosa che finisce per dissuadere molti giornalisti dall’esercitare liberamente i propri doveri professionali durante tutta la durata del processo.
Mentre le sentenze si risolvono nella maggior parte dei casi a favore dei giornalisti e delle testate, queste battaglie legali così estenuanti e prolungate non sono prive di conseguenze negative per il lavoro quotidiano dei media. L’Espresso sta affrontando diverse cause di questo tipo, e in genere ci vogliono anche cinque anni per arrivare ad un giudizio di primo grado.
La riforma della legislazione in tema di diffamazione, sia del Codice di Procedura Civile che del Codice Penale e della legge sulla stampa, deve costituire una priorità per qualsiasi governo che prenda sul serio la libertà di stampa. Per troppo tempo, sono rimasti in attesa in Parlamento progetti di legge in grado di sanzionare le liti temerarie avviate in “mala fede” o con “colpa grave di chi agisce in sede di giudizio civile per risarcimento del danno”: una soluzione alle querele temerarie parrebbe tuttavia sgradita ad una maggioranza trasversale.
Questa mancanza di volontà politica ha come diretta conseguenza il fatto che centinaia di giornalisti si trovano a dover affrontare quotidianamente casi simili, cause intentate da studi legali o da grandi aziende, dal crimine organizzato e da amministratori pubblici, aprendo la strada al fenomeno che a livello internazionale si indica con SLAPP (strategic lawsuit against public participation), un abuso del sistema giuridico sempre più diffuso per fermare il giornalismo investigativo e l’attivismo in tutta Europa.
Signed
ARTICLE 19
European Centre for Press and Media Freedom (ECPMF)
European Federation of Journalists (EFJ)
International Press Institute (IPI)
Osservatorio Balcani Caucaso Transeuropa (OBCT)
Questa dichiarazione è stata redatta nell’ambito del Media Freedom Rapid Response (MFRR), un meccanismo di risposta a livello europeo che monitora e reagisce a violazioni della libertà di stampa e dei media negli Stati Membri dell’UE e Paesi Candidati. Questo progetto fornisce sostegno pratico e legale, organizza campagne di mobilitazione e di informazione per proteggere i giornalisti e gli operatori dei media. Il MFRR è organizzato da un consorzio guidato dal Centro Europeo per la Libertà di Stampa e dei Media (ECPMF) che comprende ARTICLE 19, la Federazione europea dei giornalisti (EFJ), Free Press Unlimited (FPU), l’Istituto per informatica applicata dell’Università di Lipsia (InfAI), l’International Press Institute (IPI) e CCI/Osservatorio Balcani e Caucaso Transeuropa (OBCT). Il progetto è cofinanziato dalla Commissione Europea.